Cara Debora, caro Luca,
mi avete detto che non siete andati a votare al referendum sulle trivelle perché, come dice Matteo e nonno Napò, si trattava di un Referendum inutile, pretestuoso e anche costoso: 320 milioni di euro buttati al vento.
Mi avete detto anche due cose che fanno a pugni tra loro: “tanto non cambierebbe nulla, le concessioni potrebbero comunque essere prorogate alla loro scadenza” e “11mila persone vedrebbero il loro posto di lavoro messo a rischio”.
Quale delle due è vera?
Credo nessuna delle due. Ma, tant’è, di bugie in queste due settimane di aprile ne abbiamo sentite tante…
Matteo non vi ha detto che quei 320 milioni si potevano risparmiare, accorpando il Referendum alle elezioni comunali del 5 giugno prossimo? Non vi ha detto per quale motivo lui e il suo governo non hanno voluto risparmiare questa spesa?
Forse era per un motivo non confessabile, la voglia di ridurre la partecipazione popolare al Referendum, non fargli raggiungere il quorum?
E nonno Napò, così esperto, come mai non ha suggerito a suo nipote Matteo di risolvere la questione con una leggina di due righe, che si poteva scrivere ed approvare in pochi giorni, eliminando questa “svista” che la Corte Costituzionale e quella di Cassazione hanno ritenuto così grave, da indire questo unico Referendum, dopo averne eliminato 5 dei 6 richiesti dalle dieci Regioni, perché superati dalla Legge di Stabilità del dicembre 2015?
Mah, forse non era una “svista”; forse, come insegna la ex Ministra Guidi, era (ed è rimasto) un grazioso omaggio ai petrolieri che, così, pagheranno ancor meno royalties, e non dovranno sprecare neanche un euro per demolire e bonificare le piattaforme: ci penserà il clima monsonico dei prossimi decenni.
Peccato, così restiamo senza risorse, senza entrate per lo stato e con un mare un po’ più sporco e pericoloso.
Pazienza, ma almeno così Renzi e Serracchiani saranno felici.
A presto, al prossimo Referendum (senza quorum).
Michele Boato
Ecoistituto del Veneto